Il procedimento penale è diviso in tre fasi: le indagini preliminari, l’udienza preliminare ed il giudizio. L’espressione “in ogni stato e grado del processo penale” indica una porzione del procedimento penale nel quale è esclusa la fase meramente procedimentale delle indagini preliminari.
Col termine “grado” si vuole indicare se il giudice prende cognizione dell’oggetto, sul quale deve decidere, in primo esame ovvero in appello o, infine, in sede di ricorso per Cassazione. I Giudici penali ordinari sono indicati nello schema che segue:
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Il Tribunale per i minorenni (composto da due giudici togati e da due esperti in psicologia, pedagogia e materie analoghe) è competente per i reati commessi dai minori degli anni diciotto. Questa competenza è esclusiva a prescindere dal reato commesso dal minore. In caso di concorso nel reato del minore insieme ad adulti, la competenza per il primo rimane radicata innanzi al Tribunale per i minorenni.
La Corte di Assise (giudice collegiale composto da due giudici di carriera e sei giudici popolari) ha una competenza a giudicare basata su criteri quantitativi e qualitativi ex art. 5 c.p.p.:
a) In base al criterio quantitativo, è competente per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo edittale a ventiquattro anni. Sono previste eccezione per i delitti per i delitti di tentato omicidio, di rapina e di estorsione comunque aggravati, per il sequestro di persona a scopo di estorsione e per i delitti previsti dal testo unico sugli stupefacenti n. 309 del 1990.
b) In base al criterio qualitativo è competente per i delitti consumati di omicidio del consenziente, di istigazione al suicidio e di omicidio preterintenzionale; per ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, escluse le seguenti fattispecie: morte o lesione come conseguenza di altro delitto, rissa, omissione di soccorso; delitti di ricostituzione del partito fascista, delitti di genocidio, delitti che concernono la personalità dello Stato, sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore a dieci anni.
La competenza per materia del Giudice di Pace è delineata dagli artt. 15 l. n. 468/ 1999 e 4 d.lgs. n. 274/2000. La cognizione di questo magistrato onorario comprende un ristretto numero di delitti previsti dal codice penale e perseguibili a querela: tutte le fattispecie attengono a situazioni di microconflittualità individuale, ritagliate sulle caratteristiche dell’organo giudicante, che è destinato a svolgere una funzione di compositore di controversie individuali, finalità primaria della sua giurisdizione. Il Giudice di Pace è competente a conoscere quei reati procedibili a querela che costituiscono espressione di situazioni di microconflittualità individuale:
· percosse;
· lesioni volontarie procedibili a querela, che consistono nell’aver cagionato una malattia di durata non superiore a venti giorni;
· lesioni colpose, salvo le ipotesi di colpa professionale o di violazione di norme antinfortunistiche, sia stata cagionata una malattia di durata superiore a venti giorni;
· ingiuria;
· diffamazione;
· minaccia semplice;
· danneggiamento semplice;
Tra i reati procedibili d’ufficio:
- La somministrazione di bevande alcoliche a minori o infermi di mente;
- la determinazione di altri allo stato di ubriachezza;
- gli atti contrari alla pubblica decenza;
- l’inosservanza dell’obbligo di istruzione elementare dei minorenni;
- gli atti contrari alla pubblica decenza;
L’art. 4, comma 3 d. lgs. n.274/2000 esclude la cognizione del giudice di pace e fa rivivere la competenza del Tribunale in composizione monocratica, ogni qualvolta i reati suddetti sono aggravati da una delle circostanze ad effetto speciale previste dai decreti legge 15 dicembre 1979, n. 625 (art. 1), 13 maggio 1991, n. 152 ( art. 7), 26 aprile 1993, n. 122 (art. 3), rispettivamente in materia di terrorismo, di mafia e di discriminazione razziale.
Il Tribunale la cui competenza ha carattere residuale, l’art. 6 c.p.p. la riserva per esclusione, a tutti i reati che non appartengono alla competenza della Corte di Assise e del Giudice di Pace. La ripartizione degli affari tra Giudice monocratico e collegiale attiene alla cognizione non alla competenza. Più specificatamente:
Il Tribunale in composizione collegiale è formato da tre giudici, conosce (criterio quantitativo) i delitti consumati o tentati, per i quali la legge prevede la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, ma inferiore a ventiquattro anni, purché non siano di competenza della Corte di Assise (art.33-bis comma 2 c.p.p.) oltre a una serie di fattispecie nominativamente indicate (art. 33-bis comma 1), individuate secondo un criterio qualitativo, quali, per esempio, i reati di:
· associazione per delinquere sia comune, sia di stampo mafioso;
· in materia di aborto;
· usura;
· bancarotta fraudolenta;
· violenza sessuale;
· prostituzione minorile.
Le attribuzioni del Tribunale in composizione monocratica, composto da un solo giudice, sono indicate nell’art. 33-ter, secondo il principio della “complementarietà”: in particolare, comprendono i delitti, in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope, previsti dall’art. 73 del testo unico approvato con d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sempre che non siano contestate le aggravanti di cui all’art. 80 del medesimo testo unico, e i reati puniti con pena detentiva fino a dieci anni nel massimo (art. 33-ter comma 2).
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Il 415 bis c.p.p., l’avviso di conclusione delle indagini.
Il processo penale sorge nel momento in cui il Pubblico Ministero esercita l’azione penale, cioè nel momento in cui l’indagato diventa imputato
Il pubblico ministero quando ritiene di chiedere il rinvio a giudizio, deve far notificare all’indagato ed al suo difensore un atto dal contenuto articolato “l’avviso di conclusione delle indagini preliminari” (art. 415bis comma 1 c.p.p.). Tale avviso, che deve essere notificato prima della scadenza del termine per le indagini, contiene la sommaria enuunciazione del fatto per il quale si procede, conl’indicazione delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto (art. 415 bis comma 2).
L’avviso contiene l’avvertimento che l’indagato ed il suo difensore, entro il termine di venti giorni dell’ultima notifica, hanno la facoltà di prendere visione del fascicolo delle indagini, depositato presso la segreteria del pubblico ministero (art. 415 bis comma 2 c.p.p.).
Il termine di venti giorni perentorio e non prorogabile, entro il quale l’attività del difensore assume un ruolo di rilievo potendo produrre documenti, depositare memorie, chiedere al Pubblico Ministero che il proprio assistito venga sottoposto ad interrogatorio o il compimento di ulteriori atti d’indagine.
Un tempestivo esame e studio del materiale probatorio presente nel fascicolo del Pubblico Ministero, consente al difensore di rendere edotta la parte sulle strategie processuali più opportune.
Nel processo ordinario, l’azione penale è esercitata quando il giudice è chiamato a decidere nell’udienza preliminare sulla richiesta di rinvio a giudizio. Nei procedimenti speciali che omettono l’udienza preliminare, l’azione penale è esercitata con quell’atto introduttivo del singolo procedimento, con il quale è precisata l’imputazione.
In ogni grado ed in ogni fase del processo innanzi al tribunale, alle corte d’appello, alla Corte di Cassazione, ai Magistrati e ai Tribunali di Sorveglianza è ammesso l’istituto del gratuito patrocinio.
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