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Stadio della Roma, Parnasi rimane in carcere. Ed è accusato di bancarotta

corriere 7 luglio localCorriere della Sera 7 luglio – Cronaca di Roma

Insufficiente, secondo il gip, la collaborazione offerta dal costruttore. Dall’inchiesta sull’acquisto dei terreni nuove accuse a suo carico

Non basta il parere favorevole della Procura a far uscire Luca Parnasi dal carcere. Il costruttore, arrestato per associazione a delinquere e corruzione a metà giugno, ha visto bocciata la sua istanza per tornare in libertà dal gip Maria Paola Tomaselli, che già al momento dell’arresto aveva usato parole ferme contro la sua condotta: «Il pericolo di inquinamento probatorio e di recidiva appaiono sia concreti che attuali, essendo l’associazione criminale attualmente operativa e molte delle condotte contestate ancora in atto e suscettibili di sviluppi».

Parnasi, 40 anni, puntava sul fatto di aver offerto collaborazione ai pm durante un interrogatorio durato 11 ore. Ma si tratterebbe, a giudizio del gip, solo di conferme e parziali ammissioni su episodi già emersi in indagine. Non sufficienti, dunque, ad attenuare le esigenze cautelari. Con Parnasi sono ancora detenuti i suoi cinque più stretti collaboratori, tra cui Giulio Mangosi (il cugino) e il commercialista Gian Luca Talone. Anche per loro è stata respinta la richiesta di scarcerazione.

Ma Parnasi si trova ora ad affrontare anche un nuovo fronte giudiziario con la sua iscrizione nel registro degli indagati per l’acquisto, attraverso Eurnova, dei terreni di Tor di Valle dalla Sais della famiglia Papalia. Il reato contestato al costruttore è concorso esterno in bancarotta fraudolenta. Secondo la procura, il passaggio di proprietà avrebbe contribuito al dissesto della Sais, dichiarata fallita un anno dopo l’affare. Indagato anche il rappresentante legale della società di Papalia.

Questo filone rischia di complicare la prosecuzione del progetto Tor di Valle. Di recente si è ventilata la possibilità che, per facilitarne la costruzione, si possa vendere Eurnova a terzi interessati ai terreni di Tor di Valle, quintuplicati nel valore dal via libera allo stadio. Ma, qualora emergesse la responsabilità dell’imprenditore nel crac di Sais, i creditori di quest’ultima potrebbero rivendicare dei diritti su una nuova cessione dei terreni con il conseguente avvio di un ulteriore contenzioso.

L’origine dell’inchiesta, nata da un esposto depositato dall’avvocato Edoardo Mobrici come rappresentante dell’associazione «Tavolo della libera urbanistica» e condotta dal pm Mario Dovinola, risale al 2012. Nell’aprile di quell’anno Parnasi e i Papalia chiudono la trattativa per la cessione dei terreni dell’ippodromo, stabilendo che il passaggio diverrà effettivo il 31 dicembre 2013. L’operazione è però sottoposta alla condizione che il Comune dia dare il via libera all’edificabilità nella zona. Passano 14 mesi e i contraenti rivedono alcune parti dell’accordo. Il 25 giugno 2013 Eurnova e Sais anticipano l’alienazione. Nell’intesa il valore attribuito all’area varia a seconda dell’esito della Convenzione urbanistica: con la possibilità dello stadio Parnasi dovrà sborsare 42 milioni; in caso negativo, l’imprenditore si limiterà a pagare 21 milioni, la metà esatta. Il giorno dopo la firma del contratto la Sais presenta al Tribunale civile una proposta di concordato fallimentare che sarà giudicata inammissibile. E così il 25 maggio 2014 la società dei Papalia viene dichiarata fallita.

È utile qui richiamare le ragioni che hanno comportato l’inammissibilità del concordato. I giudici la imputano proprio all’affare tra la Sais e la Eurnova. Secondo il Tribunale infatti «la proposta di concordato si basa sul presupposto del regolare adempimento di Eurnova, il cui piano è carente per la mancanza di strumenti giuridici, a favore della Sais».

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