La giustizia minorile trova le sue fonti nel Regio Decreto Legge 1404.1934 (detta anche Legge Minorile) che istituisce il Tribunale per i minorenni; il D.P.R. 448.1988 che disciplina il processo penale a carico di minorenni; il D.Lg. 272 del 1989 recante le disposizioni di attuazione del processo penale minorile ed il Codice di Procedura Penale: quando le situazioni da risolvere non risultano espressamente regolate dal D.P.R. 448.1998, si possono applicare le disposizioni del c.p.p.
La Cassazione con Sentenza a Sezioni Unite, 29.11.1995 De Tommasi, è intervenuta con riferimento al raccordo tra i predetti procedimenti ha ritenuto che il processo minorile non integra un sistema chiuso e del tutto autonomo, ma, al contrario, aperto all’estensione della disciplina processuale ordinaria e che il rapporto tra il D.P.R. 48/1988ed il c.p.p. poggia sul principio di sussidiarietà del rito ordinario. Il limite all’operatività in via sussidiaria della disciplina del rito ordinario nel procedimento minorile va inteso sia in senso letterale che logica. Per cui la operatività de qua va esclusa non solo quando vi è una espressa esclusione o una diversa regolamentazione di determinati istituti processuali da parte del d.p.r. 448/1988, ma anche quando vi è una incompatibilità della disciplina contenuta nel d.p.r. con quella del c.p.p.
Fulcro del sistema della giustizia minorile è il Tribunale per i minorenni, che si inquadra tra le sezioni specializzate previste dall’art. 102 Cost. In base all’art. 50 ordinamento giudiziario, il Tribunale per i minorenni è composto da un magistrato di Corte d’Appello come Presidente, un giudice togato di Tribunale e due giudici laici (un uomo e una donna). Il giudice per le indagini preliminari è un organo monocratico, mentre il giudice per l’udienza preliminare è un organo collegiale composto da un magistrato e due laici (art. 50 bis o.g.). 2 La Corte d’Appello ha una apposita sezione per i minorenni, composta da tre magistrati togati e due esperti (un uomo e una donna) (art. 58 comma 2 o.g. e art 4 disp. att. Proc. min.).
Il magistrato di sorveglianza per i minorenni: è competente anche per l’applicazione delle sanzioni sostitutive e delle misure di sicurezza (art. 30 comma 2 e art. 40 comma 1 dpr). Le attribuzioni della magistratura di sorveglianza, ex art. 3 comma 2 dpr, sono esercitate dal Tribunale per i minorenni e dal magistrato di sorveglianza per i minorenni nei confronti del reo minorenne sino al compimento del 25° anno di età. La Corte d’Assise non è prevista nel sistema penale minorile.
La competenza per territorio è disciplinata dall’art. 3 r.d.l. 1404/1934: il Tribunale per i minorenni ha giurisdizione su tutto il territorio della corte d’appello in cui è istituito. La competenza per materia ex art. 3 d.p.r. 488/1988 riguarda tutti i reati commessi dai minori degli anni diciotto. Perciò, la competenza del giudice minorile è esclusiva, inderogabile e ultrattiva. Infatti, contestata la commissione di un reato da parte di un soggetto minore, rimane ferma la competenza del giudice minorile quale che sia l’età dell’indagato o dell’imputato al momento del procedimento.
Ogni deroga alla competenza del giudice minorile viene esclusa anche in ipotesi di connessione ex 12 c.p.p., per cui essa rimane ferma e si fa luogo alla separazione dei giudizi allorché:
- ex art. 12 lett a) c.p.p. vi sia concorso di un minore e di maggiorenni nel reato;
- ex 12 lett. b) e c) o si proceda per più reati commessi dal soggetto prima in età minore e poi maggiorenne.
L’art. 14 c.p.p. (limiti alla connessione nel caso di reati commessi da minorenni) stabilisce al primo comma che la connessione non opera nel caso di coimputati minorenni assieme a maggiorenni, mentre al comma secondo che la connessione non opera fra procedimenti per reati commessi quando l’imputato era minorenne e procedimenti per reati commessi quando era maggiorenne. Tutto ciò, ovviamente, non esclude la possibilità di indagini collegate sotto il profilo probatorio ex art. 371 cpp.
Nel caso, invece, di reato permanente, quando all’inizio dell’attività criminosa il reo era minore e la condotta si protrae anche dopo il raggiungimento della maggiore età, la Cassazione ha ritenuto, essendo il reato permanente un’entità giuridicamente unitaria, che la competenza rientri per intero al Tribunale penale ordinario (Cass. 93, Trimboli; Cass. 95 Appeso; Cass. 96, Cuofano).
Ruolo rilevante assumono i Servizi Minorili e le Comunita’: I Servizi minorili: sono previsti dall’art. 6 dpr. Essi coadiuvano l’autorità giudiziaria in ogni stato e grado del procedimento, affiancando il minore durante le più delicate fasi di esso. Hanno un duplice compito:
- assistono il minorenne, proteggendolo anche da possibili comportamenti poco garantistici da parte degli organi che agiscono nel processo;
- fanno da tramite fra l’autorità giudiziaria e il minore (di cui devono conoscere la personalità).
L’art 10 del D.P.R. 488/1988 stabilisce che nel procedimento penale davanti al tribunale per i minorenni non è consentito il promuovimento dell’azione civile. Il danneggiato dal reato può quindi rivolgersi al giudice civile competente tanto nell’ipotesi in cui il giudizio penale è pendente, tanto se debba ancora avere inizio. Il II comma dell’art. 10 stabilisce che la sentenza penale (di condanna o di assoluzione) non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile (relativo al risarcimento o alla restituzione). Da ciò, ne discende che il giudizio civile avente a oggetto il risarcimento del danno, iniziato dopo la sentenza penale di I grado, non deve essere sospeso (come invece stabilito dall’art. 75 comma 3 cpp).